Andrea Diprè

La critica

Se la vita, per assurdo, non fosse concepita entro le coordinate dello spazio e del tempo, ma, essendo abolita quest'ultima dimensione, essa aprisse i suoi splendori in un flash immobile e definitivo; se il desiderio erotico, conseguentemente, non prevedesse di realizzarsi in piacere genitale, ma fosse affidato a pure carezze voyeristiche; se lo spazio e le sue luci fossero l'unica realtà che avvolge il nostro essere, nessuno dubiterebbe che Sabrina Lauri debba essere riconosciuta come una delle massime artefici che abbiano impugnato i problemi e la magia della pittura.
Le cose non stanno così, ma Sabrina Lauri ha vissuto e vive come se stessero così. Poichè abbiamo certezza che la sua aristocrazia non è trucco estetizzante, ma carne palpitante di sensi e di pittura; poichè sappiamo che l'assaporazione di quella pittura non è maniera e anacronismo, ma corpo a corpo continuo con una fantasia nobile e nuova; poichè abbiamo tali certezze, possiamo collocare Sabrina Lauri fra i grandi esploratori di emozioni e di linguaggi del nostro tempo.
Tanto può l'intrepidezza e l'azzardo in questa sensibilissima artista perugina.E se il risultato finale possiede la "calma grandezza" degli antichi, ciò è dovuto ad una composizione di opposti. Nella caducita del mondo, la fantasia fissa i parametri dell'Assoluto. Senza illusioni. Senza riserve o ironie. Con la sofferta consapevolezza che anch'esso si annida nella storia e, come accade alle cose umane, dura il tempo di una fugace eternità.

Sandro Allegrini

La critica

Un senso panico della natura, un magico incantamento che pervade ogni fibra della tela. Questa la sostanza artistica che permea le opere di Sabrina Lauri, pittrice sensibile, uscita dalla factory del maestro Enzo Barbacci.
L’osservazione, coinvolta e coinvolgente, di un paesaggio insieme realistico e affabulante, le tracce su di esso impresse dal lavoro dell’uomo sono i temi dominanti della scrittura pittorica di Sabrina Lauri. Alla ricerca dell’elemento primigenio della “terra”.
Così la narrazione che si dipana sul supporto ha il crisma di una rappresentazione del reale filtrata attraverso una sensibilità tutta al femminile, con la dazionalità generosa della donna. Ed è la stessa grazia femminile, riscoperta attraverso una serie di vividi autoritratti, che va al di là delle forme del sensibile. La figura, infatti, pur mantenendo le coordinate del realismo, propone anche un’astrazione quintessenziale dell’eterno femminino. Bellezza che fa riflettere sulla caducità delle umane cose.  Invitandoci a cogliere il fiore prima che appassisca. Una percezione seducente ma purissima, di un erotismo sottile e naturale. Mai atteggiato in pose artefatte e consumistiche che tolgono naturalezza e celano ambiguità.
La sinergia di realismo e di simbolismo resta sostanziale nell’opera della Lauri, quando l’artista propone una full immersion nella natura, quando ci induce a considerare la fascinazione impareggiabile del paesaggio umbro, punteggiato dal verde dell’ulivo e dal giallo accecante della ginestra. Una natura intrisa di religiosità, intesa nel senso letterale di “legame con le cose” (come rivela l’etimo latino di res e ligo). Un creato assorto che ci fa scoprire come l’apprezzamento del reale sia esigenza morale intrisa di sentimento.
La luce è un altro degli elementi di spicco delle tele di Sabrina Lauri. Una luce diffusa, vitale, che scolpisce i soggetti e li enfatizza. Un bagliore che vuole emergere dal buio della coscienza, alla ricerca di una piena solarità, che è anche limpidezza interiore e franchezza relazionale.
La pittura di Sabrina Lauri è assolutamente onesta. La figurazione è la scelta che le consente di parlare ad ogni tipo di interlocutore: a quello che si ferma all’apprezzamento del formale, quanto all’intenditore che cerca messaggi più sofisticati.
L’acqua è un elemento forte della produzione di Sabrina. Metafora dell’amniotico liquido vitale, ma anche di una auspicabile abluzione del reale. Dunque: elemento di pulizia e fonte di sopravvivenza. Francescanamente “utile, et humile et pretiosa et casta”.
L’elemento “aria” è un’altra dominante dell’opera di Sabrina. Non è un caso che i suoi quadri siano prevalentemente open air, come intima necessità di apertura e di sfogo del proprio spirito inquieto, teso e persuaso.
E poi gli animali, visti come compagni di strada nell’avventura esistenziale perché Sabrina crede, con Molière, che “gli animali non sono così bestie come si pensa”. La vicenda umana si intreccia così radicalmente con quella dei nostri amici animali che non è possibile immaginare una vita “piena” senza la loro costante presenza.
Un mondo, dunque, quello di Sabrina Lauri, in cui c’è spazio per una seduttività intensa e pulita, per uno sguardo gioioso e sereno verso l’esistere. All’insegna di una ricerca che non si ferma alle cose, ma ne indaga l’intima necessità, nascosta tra le pieghe del metafisico.

Forse le tele di Sabrina ci ricordano – con  Henry Miller – che “l’arte non serve a niente… se non  ad insegnarci il senso della vita!”.

G.R.Indoni

La critica

Eterogenea nei modi e a suo agio con tecniche diverse, Sabrina Lauri è un’artista di genere che sa gestire un ampio spettro di raffigurazioni sapendosi accompagnare con bravura ai più disparati e anche delicati temi.

Proprio per la portata delle sue capacità si può definire una sensazionista perché ad osservare bene ogni suo lavoro s’intuisce il suo stato d’animo, sempre attinente e strettamente collegato al tema, che, in genere, a dispetto del diffuso cupismo di tanti artisti, è gioviale, rilancia e trasfonde ottimismo.

Sabrina Lauri , amando la natura, sa cogliere dal paesaggio le emozioni  suscitate e regalate  da una veduta, una collina, una campagna e l’Umbria, la regione dov’è nata e lavora, è di certo prodiga dei soggetti naturali più acconci al riporto delle sue fervide urgenze pittoriche.

Questa brava artista, per ottemperare al meglio il suo gesto descrittivo, sa scegliere, cadenzare e stendere sapientemente i vari colori e questo le conferisce l’abitudine di regalare situazioni e squarci originali di luce pur sempre attenta al rispetto più rigoroso ed essenziale della realtà.

L’esigenza derivante da suoi fermenti interiori di sintetizzare con limpidezza gli ambiti dei suoi racconti dipinti, ha, da sempre, direzionato le sue scelte coreografiche e, in genere, tutto il lavoro, obbligandosi ad operare con una mirabile fusione tra segno e forbita colorazione.

La sua ispirazione scaturisce da un’unica sorgente: la vita quotidiana e i suoi fatti salienti, che riesce a tradurre con tinte imbevute di grande veridicità ma anche posticipate e ben confortate dalla delicata fragranza delle momentanee adeguate e specchiate riflessioni artistiche.

I colori succosi che esprime non si limitano al racconto vìvido della natura che la circonda ma investono con morbide tonalità volti intrisi di grande umanità o temi musicali a lei altrettanto cari riuscendo ad evidenziare la levità, la grazia e il gesto tecnico-sentimentale dei suonatori.

Le sue sedimentazioni pittoriche e le sue concrezioni artistiche ben amalgamate, rappresentano sempre, oltre che una fedele riproduzione del dato oggettivo, una squillante dimostrazione di amore per la vita e in pratica vivificano, con alito lieve, il garbo di una poesia, la sua, che seppur di semplice ed intimistico concepimento, sa raggiungere soavemente l’animo dell’osservatore.

Giovanni Zavarella

La critica

C’è chi sostiene che il fiume sta al ghiaccio, come la pittura sta al cuore. Ma non è solo così. Perché l’immagine non è sic et simpliciter, l’esito dell’emozione. Anche se a volte è prevalente. Non è sufficiente all’uomo in cammino trasferire nella nota, nella parola, nell’immagine il proprio e altrui sentimento per suscitare ed intercettare la sindrome di Stendhal, Di certo sono pochi coloro che possono godere dell’epifania di una risultanza d’arte. Ma questo non deve sgomentare la ragione creazionale degli altri. Anzi deve incoraggiarli a sempre più e meglio trasfigurare ciò ch’entro e fuori urge. Non tanto per ottenere il plauso e l’applauso contingente, quanto invece per proporre all’urgenza del proprio esistere la terapia dell’anima. Senza la quale l’opera resta solo un manufatto, senza essere il felice prolungamento esistuale del cuore e della mente. E la pittrice Lauri Sabrina, che si avvale della frequentazione magistrale dell’artista Enzo Barbacci, si pone senza pose e trionfalismi, entro questa esigenza d’amore alla figurazione, con dentro e per intero, una squisita e corposa sensibilità femminile e una felice sensorialità. Che le permettono di visualizzare quotidiane composizioni, laddove si coniugano, in armonia compositiva, frutta e oggetti dal sapore e sapere antico, senza pasticci coloristici, creando la magia di ambienti dove sembra regnare un apparente disordine, che invece “satura” la tela con memorie e rimandi oggettuali e floreali interessanti. Peraltro la Pittrice che persegue la “musa” della pittura con una volontà “archarnée” e con uno slandio fattuale, dipana il suo bisogno di spazi panici, in silenziosi paesaggi agresti. Magari figurando, grazie anche ad una felice distribuzione cromatica e ad impianti solidi compositivi, la divisione dei piani che consentono di percepire meglio gli oggetti e l’azione di chi versa negli orci d’antan “l’oro verde” delle morbide colline umbre. E fare da pendant a questa realtà, fatta di emozioni e sensazioni ordinari, la Lauri contrappone un nudo femminile che mentre si propone in tutta la sua grazia deduttiva e sensuale, con qualche tonalità erotica (mai eccessiva), dall’altro aggettiva la prepotente nudità con spazi che si perdono in panici orizzonti lontani o/e che si intrigano con indumenti intimi di negligé e con oggetti e strumenti che diventano funzionali all’interno della tavolozza. Indiscutibilmente alla Lauri non difetta  ne la originalità dei soggetti/oggetti, ne tanto meno la sapienza di una corretta distribuzione coloristica. L’effetto visivo e sensoriale delle sue tele è forte e consistente. Ci è gradito sostenere che la Pittrice “dell’intrigo delle seduzioni” se continuerà a coltivare e nutrire la sua passione per la pittura potrà offrirci altre maggiori risultanze. E c’è da augurarle solo ad malora ad meliora.

Ilaria Capponi

La critica

Una peccaminosa dannazione, quella che perseguita un’anima per tutto il corso della sua tormentata esistenza. L’eterna violenza quotidiana nello scavare in ogni dove del proprio io, guidata dalla stremante rassegnazione allo sfamare quell’onnipresente e vizioso desiderio di mettersi a nudo, di urlare col proprio silenzio se stessi.
Quell’affascinante inquietudine che, complice dell’inconscio, evade minuziosa in ogni pennellata, in ogni tratto, in ogni tela, timidamente.
Assuefazione mista a sacrificio, nel rispondere a questo continuo concedersi carne ed animo, agli altri, quella della Lauri, tramite lo scorrere di suoi monologhi dalle tinture forti, il sensuale scivolare di quelle idee decise, guidate dalla consapevolezza di quella garbata sensibilità erotica della quale la pittrice si fa forza, svelando, in quanto artista, in quanto donna, forme femminili nella loro intrigante ricerca di una paradossale sessualità dal sapore platonico, etereo. Un binomio interessante, di forte consapevolezza d’animo, mista a timida sensibilità e sopraffina attrazione per l’indefinito, quello che la Lauri dona con le sue tele.
Il vetro, come metafora indiscussa del rapporto dannato con la “Forza della propria fragilità” nel suo essere tagliente solo perché infranto, con la sua fermezza nell’essere tale, solo perché sottovalutato della sua fragilità.
Quei tagli netti come squarci nelle tele, quelli caratteristici delle "opere dei blu", a delineare tratti decisi, tracciati d'impulso, di cuore, d'emozione. Degli strappi di vita in uno sfondo mistico, confuso, accomodante, nel quale l'artista mette a proprio agio l'occhio di ogni scrutatore, cullato dai toni del blu nelle sue profonde sfumature: sguardo che viene poi rapito dalla forza di quelle linee decise che raccontano irruenti un passaggio, una via, una storia, ed il netto e palese segno che quest'ultima ha lasciato nell'intero quadro dell'esistenza della pittrice, nel suo mistico insieme.
Questa è la Lauri, e questa è la sua arte; l’unica ed umile pretesa di far arrivare se stessa, nella sua intimità, nella sua vitrea e tagliente visione del mondo circostante, con un delicato misto d'infantile e cauta paura ,accompagnata a matura e spavalda consapevolezza nel regalare nient’altro che un pezzo della sua essenza, a chiunque ne sappia cogliere la sottile ed eterea meraviglia: semplicemente vivendo, semplicemente raccontandosi, semplicemente donando se stessa in ogni sua opera, in ogni sua storia, in ogni suo segno....
Semplicemente ... rendendosi limpida, tagliente e fragile; proprio come quel suo vetro infranto.